Alessio Magarini, Marco Zuccotti
Pietro Iannuzzi, guardia della Reyer Venezia, ha vissuto una seconda metà di stagione ricca di soddisfazioni: ha segnato i primi punti in Serie A, ha vinto la Reyer School Cup davanti a 3.500 ragazzi e ha guidato la sua squadra tra le migliori otto d’Italia alle Finali Nazionali U19. Il classe 2006 nativo di Torino ci ha raccontato del suo legame con Venezia e con Alberto Buffo, le sue passioni fuori dal campo, il suo rapporto con la scuola e molto altro.
Pietro Iannuzzi | Finali Nazionali U19 Highlights
Raccontaci la tua giornata tipo…
Generalmente mi sveglio alle 7:30, faccio colazione, poi, insieme ai miei compagni di foresteria, che tra l’altro sono anche i miei compagni di scuola, prendo il tram e arrivo in classe. Le lezioni iniziano alle 8:15 e finiscono alle 14:00, poi torno a casa, mangio e studio. Dopo ho l’allenamento con il gruppo U19 e, infine, torno in foresteria. Solitamente questa è la mia giornata tipo. Quando invece devo andare ad allenarmi con la Serie A, la mattina faccio le prime due ore a scuola, poi mi alleno dalle 10:00 alle 13:00. Dopo torno a casa, riposo o studio, e infine ritorno ancora in palestra per allenarmi con l’U19. Soprattutto in quest’ultimo periodo, le mie giornate sono state più così.
Qual è il tuo rapporto con la scuola?
Vado al Liceo Parini, in cui frequento l’indirizzo sportivo. È una scuola che mi dà abbastanza libertà, mi permette di saltare le ore di scuola per gli allenamenti e le partite, e mi consente di recuperare senza alcun tipo di problema. La mia materia preferita è discipline sportive, quindi tutta la parte del corpo, scienze motorie, non solo dal punto di vista pratico ma anche da quello teorico. Tra un mese devo fare la maturità, spero vada bene; ho dei buoni voti e sono sempre andato abbastanza bene a scuola, quindi cercherò di farla al meglio. Tutti i miei compagni sono super simpatici. Quest’anno abbiamo fatto la Reyer School Cup e l’abbiamo vinta, quindi si è creato ancora di più affiatamento in tutta la scuola. Ci sono sempre ragazzi che mi chiedono come va con il basket e in generale: le persone sono la parte migliore della scuola.
Parlaci della Reyer School Cup…
Questo era il terzo anno che facevo la Reyer School Cup, perché l’avevano ripresa appena finito il Covid. Il primo anno siamo usciti anzitempo, l’anno scorso siamo arrivati alle Final Four e abbiamo perso in finale, mentre quest’anno abbiamo vinto. Penso sia il torneo a cui chiunque giochi a pallacanestro sogni di parteciparvi, perché è bellissimo e divertentissimo, organizzato molto bene. Ogni scuola crea il proprio gruppo di tifo organizzato e dei social media. Si parte con una fase a gironi, per poi andare ai quarti, semifinali e finali delle quattro tappe; infine, ci sono le Final Four, in cui partecipano le quattro vincitrici di ogni tappa. Credo sia una delle cose più coinvolgenti che abbia fatto, è proprio bello. Anche se il basket ovviamente non è di un livello alto, dal punto di vista umano e del divertimento è veramente importante. Per esempio, il venerdì abbiamo giocato le Final Four della Reyer School Cup, poi domenica, con la Serie A contro Trieste, sono entrato e ho fatto canestro: quello è stato un bel weekend, molto emozionante.
Raccontaci le tue passioni…
Ho una grandissima passione per i film e la musica. Ascolto canzoni di ogni genere, ma soprattutto del passato, perché mi ha trasmesso questo interesse mio padre. Lo stesso vale per i film, ne ho guardati tantissimi con lui, mi ha indirizzato verso questo mondo. Mi piace molto anche leggere, principalmente i libri sulla conoscenza di sé stessi; infatti ho letto volentieri Siddharta, di Hermann Hesse. Al momento sto leggendo Elogio dell’ignoranza e dell’errore, parla di tutti quei bias ignorati dal cervello e che possono essere introdotti dall’esterno, che ci conducono all’errore.
Sei alla Reyer da 5 anni…
Sono e sarò sempre molto grato a Venezia: la considero veramente come casa. Il mio allenatore lo conosco ormai da cinque anni e lo considero quasi come un padre. Mi hanno veramente aiutato a crescere, da quando ero praticamente un bambino fino ad adesso, a diventare una persona più matura e consapevole, sia sul campo che, soprattutto, fuori. Sono sempre stati molto presenti e mi hanno aiutato costantemente. Sono arrivato alla Reyer che avevo 14 anni, e un gran merito va a loro: sono una società molto seria, che ti aiuta molto. Con Alby (Alberto Buffo, ndr) ho, come detto, un rapporto speciale. Da quando sono arrivato in U15 mi ha allenato e supportato ogni anno; lo considero praticamente parte della mia famiglia, è più di un amico.
Questione NCAA…
Al momento non c’è niente di sicuro e ufficiale, è comunque una strada che tengo aperta. Sarebbe una bellissima esperienza, sia dal punto di vista cestistico che da quello sociale e della vita: ti aiuta, secondo me, a crescere ancora di più rispetto a un’esperienza all’interno dell’Italia. È sempre stato un bel sogno quello di avere l’occasione di poter andare a giocare negli Stati Uniti. Tutti i ragazzi della Serie A sono molto orientati verso questa direzione, considerando che quasi tutti hanno intrapreso quel percorso – sia gli americani, ma anche gli italiani. Per gli americani è un po’ la normalità, mentre gli italiani me la consigliano come esperienza perché è molto formativa, non solo per crescere sul campo ma anche come persona.
Raccontaci le esperienze in Nazionale…
Ogni volta che vai con la Nazionale è un’emozione unica. Ogni evento è stato bello a modo suo, ha avuto le sue emozioni e gratificazioni. Mi è piaciuto molto il torneo di Mannheim, in Germania, perché è stato quasi come un piccolo Mondiale: ci siamo confrontati con squadre extra Europa, con giocatori di altissimo livello. Anche tutti gli Europei e i raduni sono sempre una grandissima esperienza.
Che tipologia di giocatore vorrai essere a 27 anni?
Sicuramente mi vedo molto come un tiratore, quindi un giocatore che fa del tiro da tre punti la sua arma principale. Voglio migliorare ancora, perché deve essere un aspetto che mi dia fiducia e mi permetta di essere pericoloso in qualunque posizione del campo. Mi vedo anche come un grande difensore, che porta tanta energia.