Alessio Magarini
Baba Diop è un globetrotter! Il classe 2008 dell’Orange1 Bassano è nato a Stoccolma, ha passato un anno e mezzo negli Stati Uniti e da questa stagione si trova in Italia. Abbiamo avuto l’opportunità di sederci con l’ala della nazionale svedese e parlare del suo background familiare, della sua esperienza oltreoceano, il suo punto di vista riguardo ai social network, di Jared McCain e molto altro.
La scorsa stagione hai giocato in America…
È stata un’esperienza straordinaria in cui ho imparato molto. Ho lasciato la Svezia molto giovane, a 14 anni, e questo è stato un passo importante nel mio percorso di crescita. Ho giocato una stagione e mezza (8th grade AAU, un anno di High School e il Nike EYBL 15U con Brad Beal Elite) negli Stati Uniti, nella quale ho potuto confrontarmi con tutti i migliori prospetti a cinque stelle del Paese. Ho avuto anche la possibilità di partecipare sia al CP3 Rising Stars Camp che al Pangos Freshmen/Sophomores All-American dove ho giocato contro Brandon McCoy e Tyran Stokes. Inoltre, poter vedere dal vivo ragazzi come AJ Dybantsa, che l’anno prossimo andrà a BYU, aiuta molto.
Come si è concretizzata l’opportunità di trasferirti e giocare negli Stati Uniti?
Quando avevo tredici anni ho partecipato ad un camp a Nashville, in cui ho giocato alcune partite di AAU locali molto bene. Da lì alcuni allenatori di una High School della zona hanno iniziato a parlarmi della possibilità di trasferirmi per giocare negli States. Era sempre stato il mio sogno lasciare la Svezia per giocare a pallacanestro altrove, quindi ho accettato e mi sono trasferito a Bell Buckle, vicino a Nashville, per giocare alla The Webb School. Keon Johnson ha giocato lì, anche Stephen Olowoniyi, che adesso si trova ad Oregon State University.
Com’è avvenuto il tuo passaggio dagli Stati Uniti a Bassano?
Parlando con il mio agente, gli avevo espresso il desiderio di avvicinarmi nuovamente a casa, soprattutto perché mia nonna è malata. Si è presentata l’opportunità di Bassano, ed è stata perfetta. In America c’è una carenza nello sviluppo del singolo a causa dei pochi allenamenti, qui invece vi è un grande focus sullo sviluppo tecnico e fisico di ogni giocatore. Il mio agente mi ha fatto notare che questa è l’età in cui devo lavorare duramente ogni giorno sul mio gioco, quindi abbiamo deciso di farmi tornare in Europa e a Bassano ho trovato tutte le condizioni ottimali.
Questa estate hai preso parte agli Europei U16 B con la Svezia…
È stata un’esperienza fantastica. Ci conoscevamo praticamente tutti grazie ai vari raduni in Nazionale, quindi era quasi un viaggio in Macedonia del Nord per giocare delle partite insieme ad amici. È stata un’avventura incredibile, divertente, in cui abbiamo imparato molto durante il percorso. Il nostro obiettivo era quello di vincere, ma purtroppo non siamo riusciti a giocare sempre al massimo delle nostre possibilità e ci siamo fermati all’ottavo posto. Nonostante ciò, è stata un’esperienza molto formativa. Sono sempre orgoglioso di rappresentare la mia nazione.
Che rapporto hai con i social network?
All’inizio ero abbastanza riservato e non pubblicavo molto. Poi, in America, il mio allenatore mi ha fatto capire quanto i social possano essere uno strumento utile per mostrare le proprie qualità, visto che non sai mai chi potrebbe guardare i tuoi contenuti. Per esempio, su Twitter ci sono allenatori universitari che cercano giocatori, quindi postando i propri highlights ci sono alte possibilità di essere notati. Il mio sogno è arrivare in NBA e penso che i contenuti che pubblico su Twitter possano aiutarmi a farmi notare per aprire opportunità. TikTok invece lo uso soprattutto per divertirmi nel tempo libero, ho iniziato circa 3 anni fa, adesso ho 12.9k followers. Comunque, i social media sono utili, ti puoi promuovere ed essere visto. Tante persone non approfittano di questa opportunità nel modo in cui potrebbero, perché se sei bravo a basket o comunque hai qualche talento puoi davvero essere visto da chiunque sui social.
Segui Jared McCain?
Sì, ho guardato tutti i video del vlog con Nickinthecutt e mi piace molto il suo approccio ai social. Anche lui li usa per promuoversi, e penso sia assolutamente giusto. È un esempio per tutti: nel basket la mente conta quanto le abilità ed è importante curare entrambi gli aspetti. Lui parla spesso di meditazione, leggere libri e positività, ed è un argomento che non viene solitamente trattato abbastanza solitamente. Personalmente, lasciare casa così giovane è stato veramente difficile dal punto di vista mentale, sentivo molto la mancanza della mia famiglia negli States. Mia madre mi guardava in streaming, non potendo però venire a vedermi sugli spalti sai che ti supporta, ma non è come averla lì. Quindi, guardando i video su McCain, in cui ti spiega come gestire lo stress, fare journaling, porsi degli obiettivi, penso sia un grande role model. Tanti professionisti fanno queste cose, ma non le mostrano, mentre lui sì e i ragazzi possono imparare molto; per esempio leggendo The Inner Game of Tennis.
Raccontaci il tuo background familiare…
Sono cresciuto a Stoccolma, in Svezia, con mia madre, mio fratello, la mia sorellastra e mia nonna, alla quale sono molto legato. Ho iniziato a giocare a basket per divertimento dalla prima alla terza elementare, poi ho giocato un po’ a calcio e dalla quarta/quinta elementare ho iniziato a prendere la pallacanestro più seriamente perchè avevo capito di essere bravino e che sarei potuto andare da qualche parte. Da lì ho iniziato a lavorare molto sul mio gioco a Fryshuset Basket, una squadra a 15 minuti da dove vivo; molti professionisti vengono da quel club. Lì ho conosciuto molti ragazzi più grandi che sono andati poi a giocare in America e successivamente da professionisti; per esempio Barra Njie, che ha giocato in G League e adesso è in Germania, non siamo fratelli di sangue, ma è come se lo fosse per me perché mi ha sempre aiutato e dato consigli da quando ero piccolo. Sono cresciuto con una madre che ha sempre lavorato molto, infatti l’etica del lavoro sul mio gioco l’ho ereditata da lei, una grande lavoratrice che ha sempre fatto di tutto pur di dare il massimo a me e i miei fratelli.
Che differenze hai notato tra il basket italiano e quello svedese?
In Italia il livello è decisamente più alto. C’è un QI cestistico maggiore e le difese sono molto più preparate. In Svezia e anche in America una volta superato il proprio difensore è raro trovare aiuti difensivi, mentre qui ho imparato che quando attacchi devi pensare non solo al tuo uomo, ma anche agli altri difensori, perché le rotazioni sono molto ben organizzate. Anche il ritmo e l’intensità delle partite sono superiori. Inoltre, il campionato italiano prevede molte più partite rispetto a quello svedese, che è suddiviso in più tappe: first, second, third and fourth session, poi Elite Eight e le Final Four per concludere. Quindi giochi contro squadre provenienti da tutta la nazione in una tappa, le prime due di ogni tappa proseguono, e così via. È un sistema diverso, c’è anche un campionato regionale che va avanti in parallelo, ma preferisco il sistema italiano, giochi più partite.